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copyright by Tiziana Arnaboldi
Spazio alla poesia “Il motivo di una danza” con Fabio Pusterla Dai gesti quotidiani del nostro lavoro nasce a volte il movimento della danza, dalle parole che pronunciamo meccanicamente il volo dell’immaginazione. Si aprono spazi e tempi, dentro i quali le parole diventano movimenti imprevedibili, accenni di viaggio, memoria, e il corpo prova a cantare. Risuona ancora, cupa in sottofondo, la voce violenta del mondo e della storia, il brusio della cronaca; ma lo sfondo si è fatto più ampio, più complesso. Qui, la vita degli animali e quella degli uomini procedono in un identico flusso, agitate dal vento delle ere; il futuro brucia nel presente, nell’ora in cui l’esistenza si spende e si rinnova, resistendo all’usura e perdendosi, senza più calcolo o progetto, puro abbandono. Fabio Pusterla Una danzatrice in dialogo con la poesia Coreografia e regia Tiziana Arnaboldi Danzatrice Valentina Moar Musiche e suoni Mauro Casappa Produzione Teatro San Materno Note coreografiche e di regia Sono poesia, gesto e suono a creare incantesimi e atmosfere sospese. Sospensioni leggere, dolci, pesanti, arrabbiate, come un gioco solenne, profonda nostalgia per la vita. Sono i poveri gesti del nostro lavoro a fare nascere a volte il motivo di una danza, Fabio Pusterla ne è un convinto assertore. Una sola danzatrice, ora immobile, ora mossa da gesti di guizzi di mani, di braccia e accompagnati da fremiti di inaudita potenza, marca della propria presenza lo spazio vuoto. L’abbandono al suolo è per sentire il pulsare delle emozioni, o per cedere alle trafitture delle illusioni, fiori trasformati in frecce lancinanti. Un gioco solenne, un rito; forse per incontrare il motivo di una danza. Disegno sonoro Suoni di falegnameria, di una falce che taglia l’erba, rumori di fabbrica. Questi gli elementi di partenza sui quali lavorare. E poi la voce del poeta, frammentata, ritmata, eco lontana che a tratti ritorna, in sovrapposizione e in contrappunto alla lettura. E il canto di chi danza, un canto lieve che si allontana, si perde in altre stanze, a rimarcare il ricordo. Contrasto di leggerezza e potenza, di suoni al limite dell’udibile e di frequenze che fanno tremare muri e corpi.
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Spazio alla poesia “Il motivo di una danza” con Fabio Pusterla Dai gesti quotidiani del nostro lavoro nasce a volte il movimento della danza, dalle parole che pronunciamo meccanicamente il volo dell’im- maginazione. Si aprono spazi e tempi, dentro i quali le parole diven- tano movimenti imprevedibili, accenni di viaggio, memoria, e il corpo prova a cantare. Risuona ancora, cupa in sottofondo, la voce violenta del mondo e della storia, il brusio della cronaca; ma lo sfondo si è fat- to più ampio, più complesso. Qui, la vita degli animali e quella degli uomini procedono in un iden- tico flusso, agitate dal vento delle ere; il futuro brucia nel presente, nell’ora in cui l’esistenza si spende e si rinnova, resistendo all’usura e perdendosi, senza più calcolo o progetto, puro abbandono. Fabio Pusterla Una danzatrice in dialogo con la poesia Coreografia e regia Tiziana Arnaboldi Danzatrice Valentina Moar Musiche e suoni Mauro Casappa Produzione Teatro San Materno Note coreografiche e di regia Sono poesia, gesto e suono a creare incantesimi e atmosfere sospese. Sospensioni leggere, dolci, pesanti, arrabbiate, come un gioco solenne, profonda nostalgia per la vita. Sono i poveri gesti del nostro lavoro a fare nascere a volte il motivo di una danza, Fabio Pusterla ne è un convinto assertore. Una sola danzatrice, ora immobile, ora mossa da gesti di guizzi di ma- ni, di braccia e accompagnati da fremiti di inaudita potenza, marca della propria presenza lo spazio vuoto. L’abbandono al suolo è per sentire il pulsare delle emozioni, o per cedere alle trafitture delle illusioni, fiori trasformati in frecce lanci- nanti. Un gioco solenne, un rito; forse per incontrare il motivo di una danza. Disegno sonoro Suoni di falegnameria, di una falce che taglia l’erba, rumori di fabbrica. Questi gli elementi di partenza sui quali lavorare. E poi la voce del poeta, frammentata, ritmata, eco lontana che a tratti ritorna, in so- vrapposizione e in contrappunto alla lettura. E il canto di chi danza, un canto lieve che si allontana, si perde in altre stanze, a rimarcare il ricordo. Contrasto di leggerezza e potenza, di suoni al limite dell’udi- bile e di frequenze che fanno tremare muri e corpi.
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